Ieri notte ho voltato l’ultima pagina dei Doni della Morte.
E’ strano.
Sembra che nulla sia cambiato dal gennaio 2008, quando il capitolo finale di questa saga che mi aveva stregato – in tutti i sensi – è stato pubblicato.
Non avevo ancora compiuto 15 anni, eppure ieri notte, una volta finito il libro, mi sono rispecchiata nelle stesse sensazioni che aveva provato la me del passato alla prima lettura.
JK Rowling ha rilasciato un’intervista a Oprah, qualche anno fa – che consiglio assolutamente a tutti i Potterhead come me – e mi ha colpito particolarmente la maniera in cui ha descritto le sue emozioni alla fine della saga.
Una volta arrivata alla conclusione di Harry Potter si è trovata ad affrontare un qualcosa di enorme. Una situazione che lei stessa ha paragonato a un lutto.
It was a bereavement. It was. It was a bereavement.
E una volta trascritta l’ultimissima parola, ha cominciato a piangere. Ha pianto, come aveva fatto una sola volta nella vita, e cioè per la morte di sua madre.
E’ così perfettamente chiaro. Queste parole della Rowling mi penetrano e si incastrano così perfettamente nella mia sfera emotiva che sembrano essere state partorite dal mio cervello.
Ma come spiegare a chi non sa niente di questa saga, che questi sono più che libri? Che questa storia va oltre la vita di un maghetto dalla cicatrice a forma di saetta? Che una volta sfogliate le prime pagine, le parole sgorgano con una impetuosità tale da stamparsi e insidiarsi per sempre nel lettore?
Proverò a farlo ora.
“Tu sei un mago, Harry”
Non importa quanto io possa diventare adulta e razionale. Una parte di me spera sempre che prima o poi la lettera con lo stemma di Hogwarts possa giungere via gufo a casa mia. A 23 anni suonati ancora penso di voler diventare una Grifondoro nel giorno del mio Smistamento; mi immagino che forma animalesca potrebbe assumere il mio Patronus e sottolineo nelle pagine dei libri tutti gli incantesimi per impararli. Chissà, forse un giorno potrei averne bisogno. E quanto vorrei sapere di cosa la Burrobirra. O entrare da Olivander a Diagon Alley per comprare la mia bacchetta.
Passa il tempo, passano gli anni ma il mondo magico che ha creato JK Rowling non smette mai di essere così terribilmente attraente.
Questioni reali
Anche nella comunità dei maghi esistono pregiudizi e quello che potremo definire vero e proprio razzismo. I “Mezzosangue” i “NatiBabbani” sono da sempre oggetto di fanatismi infondati, poiché non ritenuti all’altezza delle famiglie dei maghi purosangue. Maghi messi sotto processo per la loro condizione di nascita, torturati o uccisi. L’Olocausto e la segregazione razziale hanno molto da spartire con questo genere di realtà.
E la paura? Dopo il ritorno del Signore Oscuro le sparizioni, gli omicidi, gli attentati fanno parte della quotidianità. A Diagon Alley e Hogsmeade i negozi chiudono. I maghi temono di uscire da soli.
Il clima è quello di una guerra silenziosa ma palpabile. Nessuno è al sicuro e tutti potrebbero essere colpiti da un momento all’altro.
E’ tanto diverso dal mondo che viviamo noi oggi? I continui attacchi terroristici fanno strage di innocenti e noi, testimoni, ci sentiamo impotenti, ci domandiamo come sconfiggere questo grande male così difficile da combattere che è ormai insinuato anche nella nostra realtà.
Una crescita continua
Esistono tante saghe fantasy in commercio, ma si potrebbe affermare che, soprattutto dopo l’uscita dei libri di JK Rowling, i racconti di questo genere siano spuntati come funghi. Sono un’appassionata del genere, quindi spesso mi sono cimentata nella lettura della “concorrenza”, ma mai ho trovato una serie che potesse eguagliare quella della scrittrice inglese.
Sette libri sono obbiettivamente tanti. Potrebbero anche spaventare un po’ il lettore che si approccia per la prima volta – per non parlare del quantitativo di pagine da leggere, perchè dal quarto capitolo in poi sono tutti dei bei mattoni. Tuttavia, l’unicità di Harry Potter risiede nella crescita incessante della narrazione.
Sette libri, sette anni, sette avventure completamente diverse che sono tenute insieme dal filo narrativo della storia. Sette stili, sette modi di raccontare.
Dal primo anno di Hogwarts alla battaglia finale nella Sala Grande, l’azione si intensifica progressivamente. Il puerile romanzo per bambini uscito negli anni Novanta si evolve e cede il passo ad una storia per adulti sempre più profonda.
La terribile verità sulla morte
La morte gioca un ruolo centrale nei libri della saga. Ognuna delle sette avventure di Harry è segnata sempre dalla scomparsa o mancanza di qualcuno di importante. Lily, James, Sirius, Silente, Piton, Fred, Tonks, Lupin, Cedric, Colin Canon e tutti gli “sconosciuti” che perdono la vita – sopratutto a partire dal quinto libro della saga. La vita di Harry è costellata da lutti, dolorosissimi, spesso inaspettati. Beh, d’altronde l’esistenza del protagonista non è altro che la metafora per esemplificare la nostra: noi lettori, che siamo tanto simili a lui quando ci troviamo a dire addio a una persona cara.
La morte è ovunque.
La morte è irreversibile.
La morte è disperazione.
La morte è mancanza continua.
Ma alla fine si può imparare a conviverci, a farsene una ragione, come fa Harry, cresciuto senza genitori, lasciato da Sirius e poi da Silente, la sua guida.
Sono fandonie quelle sull’amore, l’amicizia, il coraggio?
Cosa resta? Cosa rimane se anche nel mondo magico le cose sono così fragili?
Restano i legami, l’amore, quella grande forza che supera la morte, che protegge, che rende una essere umano una persona e tiene insieme i pezzi della nostra anima.
JK Rowling ci mostra come – sempre – l’amore e l’amicizia trionfino sul male. Sono poteri che nemmeno una bacchetta magica è in grado di replicare.
Come può un ragazzino di diciassette anni ad affrontare il mago più oscuro e temuto del suo tempo? La questione va oltre il potere vero e proprio. Quello che ci insegna JK è che Voldemort è quel che resta di un uomo dall’anima malvagia e spaccata, che da sempre sottovaluta il potere del cuore.
E tutti qui ci ricordiamo come è finito questo personaggio. Spaventato e sconfitto.
Tutto andrà bene alla fine
Oprah: Sapevi che “Andava tutto bene” sarebbe stata l’ultima riga del libro?
Rowling: Si, lo sapevo
Oprah: E lo hai sempre saputo?
Rowling: Beh è un’ottima domanda, perchè per molto tempo avevo deciso che l’ultima parola sarebbe stata “cicatrice”. Era la stessa frase ma in ordine diverso e l’avevo anche annunciato ai fan. Ma poi ho cambiato idea. Volevo che le ultime parole fossero “andava tutto bene”
Oprah: “Andava tutto bene”
Rowling: “Andava tutto bene”